Arti Elettroniche
Fluxus


“ Dovunque ci si trovi, quello che sentiamo è per la maggior parte rumore. Quando lo vogliamo ignorare ci disturba; quando lo stiamo ad ascoltare, troviamo che ci affascina.” (John Cage)1

"All'inizio c'era confusione. Tantissima. Non quel tipo di confusione che esiste oggi circa che cos'è o era, o chi è o chi era Fluxus. Ma c'era, allora, tanto flusso nel Fluxus. Questo inizio confuso cominciò in Europa nel 1962, quando George Maciunas disse "Fluxus sia", e quindi fu Fluxus sempre. Amen. So che la maggior parte delle storie di Fluxus cominciano poco prima del 1962, tante di esse con la premessa ragionevole che, senza John Cage, Marcel Duchamp e Dada, Fluxus non ci sarebbe". 2
Questa convincente definizione di Al Hansen forse è quella che calza meglio nel descrivere un fondamentale movimento della storia dell'arte agli inizi degli anni '60.
Fluxus è un termine latino, coniato nel 1961 da George Maciunas3, che significa flusso, sta ad indicare un fenomeno in continuo mutamento, che non ha forma né luogo. Un atteggiamento verso la vita e verso l'arte nella quale viene eliminata ogni distinzione categorica e all'interno dei suoi eventi venivano inglobate svariate correnti artistiche come, per esempio, la musica sperimentale, la videoarte, il minimalismo, l’arte concettuale. Racconta Enrico Pedrini, in occasione dell'incontro “Gli anni ’50 e Fluxus” presso l'università di Genova: “Nel 1952, in uno spettacolo al Black Mountain College, Cage combina insieme vari elementi: l’azione scenica è indeterminata e senza matrice; si definisce in termini nuovi il rapporto fra il pubblico e la rappresentazione. In mezzo al refettorio del College erano state sistemate le sedie del pubblico, tutte rivolte verso il centro, facendo in modo di lasciare un passaggio tra le pareti del locale e la platea. Le varie azioni si svolgevano intorno al pubblico e fra gli spettatori. John Cage, in abito e cravatta neri, leggeva una conferenza su Meister Eckhart da un leggio collocato su un lato dell’ambiente. Mary Caroline Edwards declamava solennemente dei versi da una scala a pioli. Altri attori, nascosti tra il pubblico, si alzavano a turno in piedi e recitavano brevi battute. David Tudor suonava il piano. Sul soffitto venivano proiettate immagini cinematografiche, mentre Robert Rauschenberg metteva vecchi dischi su un fonografo portatile. Merce Cunningham improvvisava una danza intorno al pubblico”4.
In altri miei precedenti interventi5 abbiamo già incontrato altri fondamentali esponenti di questo movimento, videoartisti teatrali molto vicini agli insegnamenti di John Cage, il quale, per la prima volta, esprime concetti che vanno al di là della sua disciplina professionale e che rivalutano qualsiasi suono e rumore come parte di ciò che chiamiamo musica. Per Cage la musica si avvicina alla vita, ascoltata attentamente è in grado di fornire quantità infinite di elementi musicali.
“ 4,33 di John Cage (1952). Il musicista si siede al pianoforte e per quattro minuti e trentatrè secondi "suona" il silenzio. Rimane concentrato, proprio come fanno i musicisti di musica classica prima di iniziare i concerti, solo che lui non suona lo strumento, ma piuttosto è il mondo esterno dei suoni, aleatorio e casuale, che entra dentro di lui, dentro il suo mondo. Un pezzo estremo e innovativo allo stesso tempo, provocatorio ed estremamente concettuale; colmo di tutta l’ironia che caratterizzerà il movimento Fluxus. Il silenzio diventa musica per la prima volta nella storia, e con esso diventano musica anche i suoni casuali che ci circondano: il rumore di fondo della metropoli, i suoni della natura, la presenza delle altre persone attraverso i respiri impercettibili. E da quel giorno, dopo quella geniale performance d’artista, la musica non fu più la stessa.”6
Non è difficile estendere alle arti visive (semprechè a questo punto abbia ancora senso creare queste distinzioni) lo stesso schema concettuale: basta arrivare a Nam June Paik e al suo“Zen for Film” (1962), una pellicola di 30 minuti completamente trasparente, in cui la polvere, i graffi, le imperfezioni diventano i protagonisti, così come nelle tele bianche di Robert Rauschenberg.
In Europa il terreno per accogliere il messaggio di Fluxus era già stato preparato da varie correnti avanguardiste che sulla scia del Dadaismo, avevano affrontato il problema dell'interdisciplinarità e del rapporto arte-vita. Fondamentali sono i riferimenti alla lezione dadaista di Marcel Duchamp e di Man Ray, della quale Fluxus può essere considerato la naturale evoluzione.7
La crisi dei valori che investirà più tardi il sistema sociale, negli anni '60, trova in quel gruppo i germi più sensibili nell’ambiente artistico. Si affaccia l’idea del “caso” come azione determinante lo sviluppo dei processi evolutivi, mentre la psicanalisi e l’avvicinamento alle teorie filosofiche orientali diventano il tratto distintivo della generazione di artisti che delinea il fenomeno “Fluxus”.
La nuova realtà, sotto la spinta di Bob Dylan, dei Beatles, della musica rock, incitava i giovani a ribellarsi contro il sistema esistente. La parola d’ordine era: “impegno”.
L’inizio dell’avventura per Maciunas, avviene a New York dove, durante i corsi tenuti da Maxfield in Madison Avenue, incontra il musicista La Monte Young che, con le sue sperimentazioni sonore, sta scardinando la tradizione compositiva. Danno vita negli Stati Uniti alle prime performances, subito esportate in Europa, dove Maciunas trova artisti vicini alla sua concezione dell’arte che, anziché dipingere quadri, costruiscono “azioni”. Sono George Brecht, Joseph Beuys, Wolf Vostell e Nam June Paik, che nel novembre 1959, alla Galleria 22 di Düsseldorf, aveva rappresentato un proprio lavoro per tre magnetofoni e un vetro da spaccare con rovesciamento finale di un pianoforte. In Italia sono i musicisti Giuseppe Chiari, scomparso recentemente, e Sylvano Bussotti ad esserne i più alti esponenti. Dagli Stati Uniti cominciano a vedere la luce le opere di artisti come Yoko Ono (assurta a maggior fama come moglie di John Lennon) e La Monte Young, musicista imbevuto di cultura orientale e protagonista di happenings con la moglie Marian Zazeela.
Il primo Fluxus Festival, a Wiesbaden nel 1962, propone una serie di azioni realizzate da Maciunas, Dick Higgins, Emmett Williams, Ay-O, Paik, Vostell e altri che utilizzano la destrutturazione dell'ordine musicale per articolare gesti e materiali attinenti le arti visive. Nasce così uno stretto rapporto tra musica e arti plastiche. Con lo spostarsi del Fluxus Festival in altre città europee, al gruppo si uniscono altri artisti, quali Eric Andersen, Joseph Beuys, Robert Filliou.
Sul concetto di Happening sono rivelatori alcuni principi di Allan Kaprow8 il quale spiega:
1) La linea tra arte e vita deve rimanere fluida, e la più indistinta possibile.
2) Pertanto la derivazione dei temi, dei materiali, delle azioni e la loro corrispondenza possono venire fuori da ogni posto o periodo fuori che dalle espressioni artistiche e dal loro ambiente e influsso.
3) La rappresentazione di un happening dovrebbe avvenire su parecchi spazi, talvolta mobili e mutevoli.
4) Il tempo, di pari passo alle considerazioni sullo spazio, dovrebbe essere vario e discontinuo.
5) Gli happening dovrebbero essere rappresentati una sola volta.
6) Il pubblico dovrebbe essere interamente eliminato.
7) La composizione di un happening è eguale a quella di un assemblage e di un environment cioè è costituita di un certo collage di eventi in certe misure di tempo e in certe misure di spazio.
Insieme ai concerti, alle performances e naturalmente alle mostre di arte figurativa, l’attività editoriale occupa un aspetto fondamentale, ma per evidenti ragioni di spazio mi limito a citare solo la prima di una lunga serie di pubblicazioni,“An Anthology”9. Questa e le pratiche Fluxus furono definite da Achille Bonito Oliva un “salutare passaggio dalla poesia alla prosa, da una condizione aulica dell’arte ad uno stato che funziona da messa a fuoco sulla realtà”.
Si evidenzia il grande fenomeno de-strutturante operato dall’avvento della televisione e della nuova realtà dell’immagine che ha prodotto la perdita di consistenza materiale delle cose, degli oggetti, della percezione.
Tutto questo è “Fluxus”, inquadrabile più nella psicologia dell'arte che nella sua storia.


1 John Cage, Silenzio, Feltrinelli Editore, 1971
2 Al Hansen - http://www.lattuadastudio.it/Artisti/Hansen/hansenR.htm
3 George Maciunas, americano oriundo lituano, musicologo, storico dell’arte e personaggio chiave dell’evento avvenuto a New York, dal 14 marzo al 30 giugno, dal titolo Musica antiqua et nova. In quell’occasione si chiede un contributo di tre dollari per la pubblicazione della rivista “Fluxus”
http://web.tiscali.it/ocra/flux50.html
5 FOTOIT n°9 settembre 2006, pag. 34-35
http://www.wikiartpedia.org/index.php?title=Fluxus
7 FOTOIT n°2 febbraio 2006, pag.30-33; FOTOIT n°5 maggio 2006, pag.16-18; FOTOIT n°6 giugno 2006, pag.24-27 di Lorella Coloni
8 “Performances” a cura di Luciano Inga-Pin, Mastrogiacomo Editore Images 70 Padova, 1978
9  An Anthology - Prima edizione: Bronx, USA., La Monte Young e Jackson Mac Low, 1963. Copertina e progetto grafico di George Maciunas. - Editor: La Monte Young con la collaborazione di Jackson Mac Low.

Ezio Turus
Docente DAC


Riferimenti bibliografici:
Lorenzo Taiuti, Arte e Media, Costa & Nolan Spa, 1996
http://www.fluxus.org/
http://www.maremagnum.com/postalettori/?page_id=28
http://www.strano.net/town/music/fluxus.htm#Cronologia%20Happening%20e%20Fluxus
http://www.artonweb.it/
Vilma Torselli - http://guide.dada.net/arte_moderna/interventi/2004/04/155566.shtml