Arti Elettroniche
MIT: dal videogame alla realtà virtuale


Nel mio precedente intervento abbiamo incontrato le prime sperimentazioni informatiche da parte degli hackers del MIT; ovviamente la storia era solo all'inizio.
Le sessioni di lavoro presso l'ambito centro di calcolo erano condivise tra gli studenti, i ricercatori “normali”, alle prese con progetti regolarmente autorizzati e gli esperimenti informatici di questi geni. Spesso, però, il confine tra queste due attività era assai blando.
Eravamo rimasti a questi nottambuli che, grazie ad un nuovo approccio alla programmazione, riuscivano in breve tempo e “poche istruzioni” a far compiere al calcolatore TX-0 impossibili elucubrazioni informatiche, ma in ogni caso, anche al MIT, la tecnologia avanzava.
Appare difficile, oggi, il cui concetto di “computer”, per la maggior parte delle gente, è basato su un processore Core 2 Duo(1) e la memoria di lavoro si misura nell'ordine dei Gigabyte, visualizzare queste macchine, come l'IBM 704, o comprendere il posto che occupava in quegli anni un computer nell'immaginazione collettiva: “una raccolta di grossi contenitori grigi misteriosi avvicinabili solo attraverso l'intercessione dell'Operatore. In una stanza appositamente costruita per il computer, L'Operatore azionava interruttori, premeva bottoni, ed esaminava pannelli di luci lampeggianti, mentre il suo Assistente controllava vari dispositivi che ronzavano, ticchettavano e sbattacchiavano, affrettandosi avanti e indietro con pile di fogli cripticamente stampati, mucchi di schede stranamente punzonate, e bobine di recondito nastro marrone, il tutto con il mormorio di sottofondo della Macchina.”(2)
Nell'estate del 1961 tutto il gruppo di hackers seppe di un'imminente consegna al MIT da parte della DEC, del loro nuovissimo modello di computer, il PDP-1(3). Per il gruppo di Jack Dennis sembrava scontato, come prima cosa, “metterci dentro le mani”(4) e perfezionare l'esigua dotazione di software di cui era dotato. L'importante esperienza fatta sul “fratello minore TX-0” facilitò in un certo senso questo lavoro. Tra di loro vi erano Stephen R. "Slug" Russell, Wayne Witanen e J. Martin Graetz, tre entusiasti ragazzi, geni della programmazione. Facciamoci raccontare da quest'ultimo cosa successe in quel fatidico 1961.
“ A quel tempo, ci riempivamo la testa con roba come "Skylark" e "Lensman", romanzi del Dott. Edward E. Smith, specializzato nella chimica applicata ai cereali, che scriveva con la grazia e la raffinatezza di un martello pneumatico.”(5)
“ Molto prima che il PDP-1 fosse funzionante Wayne, Slug, e io avevamo formato una sorta di comitato apposito per stabilire per che cosa l'avremmo utilizzato.”
“ Con i Fenachroni che ci davano addosso, inseguendo la nostra traccia ionica, Wayne disse, "Insomma, c'e' bisogno di azione e di un po' di abilita'. Dovrebbe essere un gioco dove tu controlli delle cose che si muovono intorno allo schermo, come, oh, astronavi. Qualcosa di simile a un gioco di esplorazione, o una gara o una competizione... un combattimento, forse?"
" SPACEWAR!" gridammo Slug e io, nel momento in cui l'ultimo schermo protettivo si abbassava, infiammandosi in un colore violetto.”
Nasceva così il primo vero videogame grafico e interattivo. Un programma che, come le applicazioni sviluppate precedentemente, era a disposizione di tutti, compresa la stessa DEC che, ringraziando il team di Russel, lo incluse nelle dotazioni del loro computer come programma dimostrativo.
Quando abbiamo incontrato la prima volta i ragazzi del TMRC alle prese con le sperimentazioni sul TX-0, avevo accennato che la funzione originale di questo calcolatore era quella di diagnosticare le funzionalità di un altro grosso calcolatore, il TX-2.(6) Questi, protagonista di molte applicazioni sperimentali da parte dei ricercatori del Lincoln Labs al MIT, riveste per noi importanza particolare, grazie al lavoro di Ivan Sutherland.
Nato nel 1938, in Nebraska, Sutherland, figlio di un ingegnere, decise sin dalle scuole superiori di seguire le orme paterne. Frequenta prima il Carnegie Institute of Technology e in seguito il MIT dove, con la collaborazione del professore e pioniere Claude Shannon, sviluppa la sua tesi di dottorato: Sketchpad.(7)
Sketchpad fu un programma rivoluzionario: grazie all'enorme potenza di calcolo del calcolatore TX-2 (rapportata alle macchine dell'epoca, ovviamente) e grazie a una penna ottica, dispositivo innovativo, sviluppato dallo stesso Sutherland, si poteva “disegnare” direttamente sullo schermo, in tempo reale, come se ci si trovasse davanti ad un foglio di carta. Si potevano tracciare linee perfettamente dritte semplicemente segnando gli estremi della retta, cerchi perfetti, addirittura complessi poligoni, al “semplice” tocco della penna luminosa. C ambiando qualcosa a monitor, Sketchpad modificava qualcos'altro nella memoria del computer.
Non dimentichiamo che ci troviamo nell'anno 1962 e la maggior parte della gente, anche in ambito accademico, non aveva la più pallida idea di cosa fosse un computer.
La tesi di Sutherland aprì la strada verso la progettazione CAD(8), oggi assolutamente insostituibile per qualunque progetto meccanico, edile, elettronico e verso l'iterazione uomo-macchina, altra fonte di ricerca da parte di molti studiosi del MIT, dei Bell Labs e di molte altre realtà di ricerca tecnologica. Appare quasi “normale”, oggi, entrare al cinema e gioire alla vista degli effetti speciali di attori che volano o si trasformano con una verosimiglianza impressionante. Sono gli sviluppi della progettazione tridimensionale iniziata da persone come Ivan Sutherland.
Al temine della sua Tesi, fu inserito nell'esercito e incaricato di occuparsi della sezione tecnica nel National Security Agency. La storia ci insegna che le applicazioni militari hanno aperto la strada alle più importanti (e costose) innovazioni e anche stavolta non ci smentiamo.
In questa veste Sutherland entra a far parte dell'ARPA(9) e introduce il concetto di “realtà virtuale” con gli studi sulla percezione applicata alla prospettiva tridimensionale creata dal computer. Nel 1965 progettò un innovativo display a colori e una visualizzazione stereoscopica. Lavorò con lo studente Bob Sproull ad Harvard e insieme crearono un sistema di “realtà virtuale” in cui girava un elicottero costruito in un ambiente virtuale. Il visore da indossare era così pesante da dover essere appeso al soffitto e la grafica era molto spartana, ma l'idea era assolutamente vincente. L'aspetto di quel dispositivo ne ispirò il nome, La spada di Damocle. Appare evidente che questi studi dovevano sfociare in un simulatore di volo per piloti, ma con il tempo abbiamo visto che le applicazioni di realtà virtuale tridimensionale hanno trovato molti altri sbocchi, videogames in testa.
In questo nuovo ambiente, in una dimensione parallela alla nostra, vissuta attraverso i calcoli di una “fredda” macchina, si apre così un modo completamente differente di concepire la realtà oggettiva.
Abbiamo già visto che anche l'arte non potrà più restare esente da questa contaminazione che implica, a questo punto, importanti risvolti filosofici sul concetto di immagine e di rappresentazione della realtà.
Le “immagini dense” consentono di entrare nella rappresentazione e «abitare nella raffigurazione proposta ai nostri sensi», rispondendo ai requisiti di multimedialità. Da superficie piana intangibile, l’immagine diventa un velo percettibile che consente di penetrare nella rappresentazione (figurativa o meno), per interrogarne delle zone e attivare percorsi reattivi di esplorazione in continua rielaborazione, trasformandosi, in maniera ossimorica, in una “superficie profonda”.(10)
Se oggi riteniamo la fotografia “inaffidabile” quale testimone del nostro tempo e della nostra realtà, vale la pena ricordarci cosa la realtà sia effettivamente e di quanti modi e mezzi disponiamo per descriverla, qualunque essa sia.

Ezio Turus
Docente DAC

(1) http://it.wikipedia.org/wiki/Core_2_Duo
(2) J. Martin Graetz - L'origine di Spacewarr – 1981 Creative Computing - http://www.elfqrin.com/docs/SpaceWar/spacewar_it.html
(3) http://en.wikipedia.org/wiki/PDP-1
(4) FOTOIT febbraio 2007, pag.34 e 35
(5) Romanzi di fantascienza “di serie B” http://www.elfqrin.com/docs/SpaceWar/spacewar_it.html
(6) http://it.wikipedia.org/wiki/Digital_Equipment_Corporation
(7) http://en.wikipedia.org/wiki/Sketchpad
(8) http://it.wikipedia.org/wiki/CAD
(9) Defense Department's Advanced Research Projects Agency - http://www.darpa.mil/
(10) Sabrina Mutino – Le Scienze Web News - http://www.lswn.it/node/1008/print