Arti elettroniche
Nascita dei nuovi media

Si dice sovente che a inventare la Fotografia siano stati i pittori. Io invece dico: Sono stati i chimici. (Roland Barthes) (1)

Lo stesso pensiero, molti anni prima, deve essere balenato anche a Louis Daguerre quando mise a punto la sua invenzione presentata il 19 agosto 1839 al Palace of Institute di Parigi. Pochi giorni dopo i negozi di ottica erano già affollati da appassionati che volevano acquistare questa nuova macchina e sperimentarla. Ha così inizio la frenesia per questo nuovo “media”.
I primi dagherrotipi ritraevano palazzi e paesaggi, ma poco tempo dopo, al raffinarsi della tecnica, vediamo nascere decine di studi fotografici specializzati nel ritratto. Tutti volevano farsi riprendere da questa nuova “macchina mediale”.
Pochi anni prima, nel 1833, il matematico inglese Charles Babbage iniziò a progettare la “macchina analitica”, un apparecchio meccanico, in grado di eseguire operazioni matematiche che, a differenza dell'invenzione di Daguerre, non oltrepassò mai lo stadio di prototipo. Questa macchina era concepita con tutte le caratteristiche teoriche di un moderno computer, tanto che la tardiva scoperta dei suoi scritti, invalidò addirittura alcuni brevetti dell'IBM. I dati e le istruzioni venivano inseriti tramite schede perforate, idea ispirata a Babbage sulla logica di funzionamento di un'altra macchina precedente: il telaio automatico di Joseph Marie Jacquard.
Agli inizi del secolo, l'imprenditore francese modificò i telai di legno della sua azienda di Lione, che produceva stoffe, montando un meccanismo di lunghe schede di cartone forato: ad ogni scheda corrispondeva un disegno, formato da forellini. Il dispositivo di lettura delle schede era costituito da file di aghi che le potevano attraversare solo dove c'erano i fori. Si potevano così intrecciare automaticamente complicate figure multicolore.
Esisteva quindi una macchina programmabile per elaborare immagini prima ancora che fosse progettato un sistema per elaborare numeri.
Non ci deve stupire che l'evoluzione delle macchine da calcolo e delle nuove macchine mediatiche proceda simultaneamente. Ambedue sono assolutamente necessarie per il funzionamento delle moderne società di massa. La necessità di diffondere immagini, testi e suoni contemporaneamente a migliaia di cittadini, per assicurarsi le stesse convinzioni ideologiche, era essenziale quanto pure la possibilità di registrare i loro dati anagrafici. La fotografia, il cinema, le stampanti offset, la radio e la televisione hanno permesso la diffusione delle stesse ideologie, i computer hanno permesso l'archiviazione dei dati fondamentali per la collettività.
Alla fine del 1800 assistiamo ad un'ulteriore evoluzione: si passa dalle immagini statiche alle immagini in movimento.
Nel seminterrato del "Gran Cafè", sul Boulevard des Capucines a Parigi, il 28 dicembre 1895, i fratelli Louis e August Lumière presentarono ad un pubblico pagante la prima rappresentazione cinematografica. Da li a poco la diffusione di questa nuova macchina toccò tutti i continenti e le immagini di quei primi film commossero e divertirono un pubblico sempre più ampio, che scopriva così, al di fuori del teatro, un nuovo modo per rilassarsi nella penombra delle sale buie.
Questo ultimo decennio fu fondamentale anche per lo sviluppo dell'informatica. Se le persone cominciavano a essere sopraffatte da questo eccesso di informazioni, lo stesso si poteva dire anche delle aziende e dei governi.
Nel 1887, l'US Census Bureau stava ancora analizzando i dati del censimento del 1880. Per il censimento del 1890, allora, furono adottati dei tabulatori elettrici progettati da Herman Hollerith.
Il tabulatore di Hollerith aprì la strada all'uso delle macchine da calcolo presso uffici, aziende, compagnie di assicurazione, reparti di contabilità. Nel 1911 venne fondata la Computing-Tabulating-Recording Company, presieduta da Thomas J. Watson. Dieci anni dopo, con un fatturato triplicato, venne ribattezzata, dallo stesso Watson, “International Busines Machine Corporation”, cioè IBM.
Facciamo ora un balzo in avanti, nel 1936, nella persona già conosciuta nel mio precedente intervento, Alan Turing e il suo fondamentale saggio “On Computable Numbers”.
La “macchina di Turing”, pensata per imitare ogni altra macchina da calcolo, leggeva e scriveva i dati su un nastro continuo. Una curiosa analogia con il proiettore cinematografico. In effetti gli strumenti per l'archiviazione dei dati e un sistema per la loro codifica sono fasi fondamentali sia per la preistoria del cinema che quella del computer. Gli inventori del cinema si orientarono verso l'uso di immagini statiche registrate su strisce di celluloide, quelli del computer sulla registrazione elettronica in codice binario. Ambedue si basano sulla registrazione di “campioni” di informazione contenuti in uno spazio specifico: il fotogramma nel cinema, l’unità di memoria nell’informatica.
L'intreccio tra media e informatica divenne ancora più stretto quando l'ingegnere tedesco Konrad Zuse, nello stesso anno del saggio di Turing (1936, n.d.r.), costruisce nel salotto di casa il primo computer digitale. Una delle innovazioni era l'uso del nastro perforato per il controllo dei programmi. Nella sua costruzione Zuse utilizzò uno spezzone di scarto di pellicola cinematografica 35mm. Ciò che resta di quella storica pellicola, perforata dal codice binario utilizzato, lascia intravedere scene di vita familiare, due persone che parlano in una stanza. Tutto il significato e le emozioni che quella scena poteva evocare originariamente sono state cancellate e sostituite dalla nuova funzione di “contenitore di dati” che questo mezzo ha assunto.
“ In un remake tecnologico del complesso di Edipo, il figlio uccide il padre. Il codice iconografico del cinema deve cedere il posto al più efficiente codice binario. Il cinema diventa così schiavo del computer”. (2)
Viene meno anche la considerazione fatta da Roland Barthes: “Si direbbe che la Fotografia porti sempre il suo referente con se, tutti e due contrassegnati dalla medesima immobilità amorosa o funebre, proprio in seno al mondo in movimento”. (3)
Ma l'epilogo della storia si raggiunge tempo dopo, quando queste traiettorie storiche si uniscono: Daguerre, Jacquard, Babbage, Lumiere, Hollerith, le loro macchine, partorite dalle loro menti, si fondono. Tutti i media preesistenti vengono tradotti in dati digitali accessibili ai computer e il risultato è un insieme di grafici, immagini, suoni, testi, forme, spazi computabili. Dati informatici: i media si trasformano in nuovi media.
Questa unione comporta la trasformazione sia dei media che del calcolatore. Non più strumento per archiviazione o trasmissione dei dati, ma un “elaboratore di media”. Se il ruolo principale è stato quello di calcolare codici, calcolare traiettorie, confrontare dati anagrafici, adesso può setacciare archivi di fotografie per estrarne di simili, modificare immagini, creare suoni, creare forme, sintetizzare intere sequenze di filmati, prendendo vita, in forma numerica, nelle memorie dei computer; diventando “programmabili”. Ecco quindi che il ruolo del programmatore assume importanza vitale nella creazione di queste nuove forma espressive.
Nel completare questo circuito storico, ritroviamo oggi il computer alle funzioni delle sue origini. Non è più solo una fredda macchina analitica, pensata per trattare numeri e dati, ma è diventata “il nuovo telaio di Jacquard”. Capace di creare dal nulla nuove forme espressive. Una macchina in grado di sintetizzare e manipolare i nuovi media.

Ezio Turus
Docente DAC

(1) Roland Barthes – La camera chiara – Ed. PBE Einaudi – pag. 81
(2) Lev Manovich – Il linguaggio dei nuovi media – Ed. Olivares – pag.44
(3) Roland Barthes – La camera chiara – pag. 7


Liberamente ispirato da “Lev Manovich – Il linguaggio dei nuovi media”

http://www.manovich.net/
http://www.wikipedia.org/