Arti elettroniche
Pionieri

“ Pronto, cara… stavo rincasando e mi sono fermato in quel negozio. Volevo comprare a nostra figlia quella bella maglietta che avevate visto l’altro giorno. Non mi ricordo però quale fosse.”
“ Mi sembra quella … fammi vedere lo scaffale … inquadra più a destra. Ecco si! E’ quella rossa. Grazie di essere passato. Ci vediamo tra un po’.”

Questa telefonata, inventata, ma assolutamente verosimile, fa parte oramai del quotidiano senso della comunicazione abituati come siamo a scambiarci dovunque voce, messaggi, immagini.
Certamente il ruolo della fotografia è mutato parecchio, proprio grazie a questa infrastruttura che ci avvolge e ci permette in ogni istante di raggiungere e farci raggiungere dai nostri simili.
Se solo qualche decennio fa poteva essere la fantasia di un episodio di “Star Trek”, stiamo continuamente assistendo alla fatica che la fantascienza fa nello stare al passo con la realtà.
Di questo passo, ci si chiede, dove andremo a finire? Ma ancora di più, mi chiedo, da dove siamo partiti?
La mia innata curiosità mi ha sempre imposto la ricerca del “perché” delle cose. Mi dà l’impulso di smontare una sveglia per capire i movimenti degli gli ingranaggi o di studiare “come” funziona una macchina fotografica, di capire, insomma, “cosa c’è sotto il coperchio”. Naturale quindi chiedersi cosa ci sia sotto i nostri piedi e sopra le nostre teste, da permetterci così facilmente di estendere, potenzialmente all’infinito, le possibilità di comunicare e interagire con gli altri.
Parliamo di computer, ovviamente, perché è attraverso questi che oggi possiamo trasmettere fotografie, filmati, messaggi e, talvolta, anche telefonare. Non basterebbe un intero numero di FOTOIT, nemmeno un completo annuario, per accennare i grandi balzi evolutivi compiuti dalla tecnologia in questi ultimi 50 anni. Proverò a procedere per gradi, evitando troppo i dettagli tecnici.

Tutte le storie hanno un inizio e il nostro lo possiamo far risalire alla metà degli anni ’20, il periodo di artisti come Man Ray, Marcel Duchamp, Aleksandr Rodcenko, Pawela Krzysztof. Fu proprio un connazionale di quest’ultimo, Marian Rejewski, un brillante matematico polacco, che ebbe un ruolo fondamentale nella difficile arte della crittografia.
Ricordiamo il periodo storico. Dopo la prima guerra mondiale l’Europa vedeva a est la Russia comunista e a ovest la Germania, desiderosa di recuperare i territori ceduti a Varsavia. I polacchi, stretti tra questi due avversari, avevano la grande preoccupazione di intercettare i loro messaggi riservati. Allo scopo fu istituito un ufficio di crittoanalisti, il Biuro Szyfrów.
La Germania, per le sue comunicazioni criptate, usava un dispositivo chiamato Enigma, inventato dal berlinese Arthur Scherbius nel 1918. Questa macchina consisteva in un complesso sistema elettromeccanico di rotori cifrati disposti in serie che, collegati da un’intricata trama di fili elettrici, operava delle sostituzioni alfabetiche in misura tale da permettere più di 150 trilioni di combinazioni diverse. Non a caso Enigma è passato alla storia come uno dei più complessi sistemi crittografici mai realizzati. Espugnare questi codici sembrava un’impresa irrealizzabile, ma l’importanza di decifrare le comunicazioni avversarie era tale che il Biuro Szyfrów cominciò ad affidarsi ai matematici universitari. Tra questi Marian Rejewski, appunto, che fu il primo a carpire i segreti di questo complesso codice.
Parallelamente in Inghilterra, nella Contea di Buckingam, a Bletchley Park, si riuniva una piccola comunità di matematici, informatici e ingegneri, avviando nel 1938 un centro di ricerca per tentare di decodificare Enigma. La politica aggressiva della Germania Nazista verso gli stati vicini provocò, nel settembre 1939, lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, i crittoanalisti polacchi fuggirono da Varsavia per ritrovarsi poi, il mese successivo, in Francia.
Iniziò così la collaborazione tra Polonia, Francia e Inghilterra nella decriptazione dei codici Enigma, che diede subito i suoi frutti, grazie ad una intuizione di un giovane matematico, destinato a diventare uno dei grandi geni del XX secolo: Alan Turing.
Sviluppando un sistema messo a punto dai crittografi polacchi, Turing ideò le cosiddette "Bombe", cioè delle macchine contenenti vari gruppi di rotori simili a quelli di Enigma che, girando a forte velocità, calcolavano velocemente tutte le combinazioni possibili.
La rapidità di decodifica dei messaggi era di importanza vitale. Conscio di questo, Winston Churchill incentivò gli investimenti di Bletchley Park, permettendo alla squadra di Alan Turing, che contava più di 6000 persone, di realizzare Colossus, il primo vero calcolatore completamente elettromeccanico.
La teoria di Turing, fondamentale per la progettazione del calcolatore, consisteva nel concepire una macchina in grado di eseguire una particolare operazione matematica (algoritmo); successivamente l’idea si evolve immaginando di poterne modificare il funzionamento (programmazione) e, di conseguenza, ottenere qualunque tipo di funzione possibile.
Alan Turing è un tipo geniale e bizzarro sul quale sono stati raccontati molti aneddoti. Nato a Londra il 23 giugno 1912, a 28 anni è già a capo del gruppo di ricercatori di Bletchley Park. Al ginnasio era stato bocciato proprio in matematica perché, a detta del suo professore: "Perde tempo in ricerche di matematica superiore a scapito dello studio di quella elementare.”
Gira per Bletchley Park in bicicletta indossando una maschera antigas, nel 1938 si vanta di aver visto “Biancaneve e i sette nani”, uno dei primissimi film sonori a colori, e per qualche tempo i colleghi lo sentono canticchiare la scena della strega cattiva “Tuffa la mela nel boccale / Che la impregni il sonno mortale”. Il suo prezioso ruolo nel campo della crittografia faceva tollerare alla comunità scientifica e militare la sua dichiarata omosessualità. D’altra parte tutto ciò che avveniva dentro questo istituto era segreto e non oltrepassava i confini di quelle mura. Nemmeno i genitori di Alan sapevano che il figlio si occupava di trasmissioni in codice e tantomeno che fosse il miglior crittografo della Gran Bretagna.
Dopo la fine della guerra i successi di Bletchley Park rimasero un segreto inaccessibile per più di 30 anni. L’istituto venne chiuso, le migliaia di persone impegnate disperse e le macchine Bombe e Colossus smantellate. Turing, a titolo di ringraziamento per i suoi servizi, fu decorato prima con l'Ordine dell'Impero Britannico, poi nominato membro della Royal Society ma non visse così a lungo da ottenere il riconoscimento che meritava. Nel 1952 rivelò la sua relazione con una persona del suo sesso, venne arrestato per “atti gravemente contrari alla pubblica decenza” e pubblicamente umiliato. Il governo britannico lo privò dell’accesso a tutte le informazioni riservate e fu escluso dalle ricerche sui calcolatori elettronici. Nei due anni seguenti cadde in depressione e il 7 giugno 1954 si chiuse nella sua camera, intinse una mela in un recipiente pieno di cianuro e la morse: “Tuffa la mela nel boccale / Che la impregni il sonno mortale” - cantava la strega di Biancaneve.
Finiva così, a 42 anni, la vita di un autentico genio, profeta dell'intelligenza artificiale, da lui teorizzata quando non era stato ancora creato il primo computer.
Nel 1976, nella Silicon Valley californiana, Steve Jobs e Steve Wozniak fondano la loro famosa compagnia “Apple”, il cui simbolo sarà una mela morsicata proprio in onore di Alan Turing.
Ogni qualvolta cliccheremo sulla celeberrima icona di un Mac, ricordiamoci di lui. Se usiamo un computer è merito suo.

Ezio Turus
Docente DAC

Bibliografia:
Robert Harris: Enigma - Mondadori 1996
Andrew Hodges: Storia di un Enigma. Vita di Alan Turing - Bollati Boringhieri 2003
Simon Singh: Codici e segreti - Rizzoli 1999

Filmografia:
Enigma - scritto da Tom Stoppard, regia di Michael Apted, prodotto da Mick Jagger – Eagle Picture 2002