Qualche tempo fa, dopo due decenni d'inebriamento
tra fotografia e computer grafica, sono approdato al “Polaser”,
un gruppo di artisti che, diversamente dalla moda imperante di migrare
verso la comodità digitale, si cimentavano con le piccole e malleabili
Polaroid. La mia innata tendenza alla sperimentazione fu immediatamente
rapita da questa nuova filosofia fotografica, mutai completamente la mia
visione, anche nei miei viaggi fotografici.
Arrivai a Città di Castello, in Umbria, un posto che non conoscevo
ancora, e poco conoscevo anche un illustre artista tifernate, Alberto Burri,
le cui opere innovative le avevo sinora viste solo sui libri d'arte.
All'ingresso del museo a lui dedicato, mi prese un senso di smarrimento:
immense opere di colori, materia, forme ... nessun libro, nessuna riproduzione
poteva descrivere la sua genialità. Subito mi avvolse l'ispirazione
che divenne concreta appena mi ritrovai davanti ai cellotex. Il loro colore
era lo stesso della polaroid non sviluppata.
La polaroid è viva, è materia, è elemento, non si
limita a riprodurre un soggetto, ma lo reinterpreta.
Rincasato, volli omaggiare il genio di Burri a modo mio, ricercando i materiali
che tanto mi avevano ispirato e immaginandomi cosa avrebbe fatto il maestro
in quel momento con una polaroid Image. La materia veniva fotografata e,
allo stesso tempo, “incorporata” nell'opera, rompendo il confine
tra la finzione e la realtà. Ecco, queste foto manipolate, pensate
e vissute, mi hanno, per un istante, fatto credere di essere un maestro
dello spazialismo.
Dopo un primo lavoro sulla Lignano "non luogo", realizzato nel 2008 su polaroid Image e 600, ricercando gli aspetti più nascosti della particolare cittadina, ho fatto ritorno nel 2009.
Stavolta, complice una giornata soleggiata ma ventosissima, mi sono soffermato sul litorale, meta estiva di tante individualità.
L'aspetto deserto e dismesso delle strutture balneari si prestava bene a essere vissuto in questa avversa giornata.
Ho voluto enfatizzare questo aspetto scattando con una polaroid a pellicola 669, sucessivamente spellicolata sull'impalpabile superficie della carta di riso, dando anche a queste immagini uniche, una parvenza di nobiltà, che Lignano, in questi momenti, pareva aver perso.